Art. 23.
(Garanzie di riservatezza).

      1. Quando, nel corso di un procedimento giudiziario, devono essere assunte le dichiarazioni di un addetto ai servizi di informazione, l'autorità giudiziaria procedente dispone la partecipazione a distanza dello stesso con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni previste all'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
      2. La partecipazione a distanza di cui al comma 1 è disposta a condizione che siano disponibili strumenti tecnici idonei a consentire il collegamento audiovisivo e che la presenza della persona non sia necessaria.
      3. In ogni caso si applicano, ove ne ricorrano le condizioni, gli articoli 472 e 473 del codice di procedura penale.
      4. Nel corso delle indagini, il pubblico ministero adotta comunque adeguate cautele a tutela della persona che deve essere esaminata o deve partecipare a un atto di indagine.

 

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      5. In particolare, il pubblico ministero provvede sempre con decreto succintamente motivato a disporre il mantenimento del segreto sugli atti ai quali partecipano addetti ai servizi di informazione fino alla chiusura delle indagini preliminari, anche in deroga ai princìpi di cui all'articolo 329, comma 3, del codice di procedura penale, salvo che il mantenimento del segreto non sia di impedimento assoluto alla prosecuzione delle indagini ovvero sussista altra rilevante necessità alla pubblicità degli atti.
      6. Nel corso delle indagini il pubblico ministero provvede, altresì, alla custodia degli atti di cui al presente articolo con modalità idonee a tutelarne la segretezza.
      7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti di un procedimento penale di cui è vietata la pubblicazione e che sono relativi ad addetti ai servizi di informazione ovvero ad attività od operazioni dei medesimi servizi, in modo tale da porre in pericolo l'organizzazione ovvero la realizzazione delle finalità istituzionali dei servizi di informazione, è punito con la reclusione da uno a sei anni.